I mercati finanziari e dei capitali non trovano pace neanche per il mese di settembre e fanno registrare uno dei peggiori mesi della storia recente. Il forte aumento dei tassi ha portato ad una rettifica di valutazione in quasi tutte le classi d’investimento. A seguito della minaccia inflazionistica, le principali banche centrali di tutto il mondo, dopo un lungo regno di tassi negativi e quantitative easing, hanno iniziato e continuano ad applicare politiche monetarie restrittive per contrastare questo fenomeno. La Banca Centrale Americana ha aumentato il suo tasso di riferimento fino a 3.25%, con un ultimo rialzo di 0.75% nell’ultima riunione di settembre, dichiarando di vedere i tassi al 4.6% entro la fine del 2023. Anche la Banca Centrale Europea, nella sua riunione dell’8 settembre ha deciso di aumentare i tassi ufficiali di 0.75%. Si tratta del livello più elevato di aumento dei tassi dal 2011 e segue l’aumento di 0.50% di luglio 2022. Per affrontare questa situazione complessa e cercare di ridurre l’inflazione, è ragionevole aspettarsi che la BCE non si fermerà qui, ci si aspetta dunque nuovi aumenti dei tassi nei prossimi mesi a partire dalla riunione di ottobre.  Nel frattempo, l’inflazione preliminare di settembre in area Euro è salita al 10% dal 9,1% dal mese precedente. Le dinamiche inflazionistiche sono evidentemente al centro dell’attenzione dei mercati. In generale l’inflazione è stata spinta da tre componenti. La prima riguarda i cosiddetti “colli di bottiglia”, vale a dire il malfunzionamento delle catene distributive e produttive generate dalla forte ripartenza post-Covid; la seconda è collegata al rialzo delle materie prime, dove a pesare parecchio è l’aumento del costo dell’energia conseguenza della guerra in Ucraina; la terza è inerente a quegli effetti di “moltiplicazione” dell’inflazione perché i settori che hanno subito aumenti dei prezzi li scaricano sui settori a valle.

Continuano intanto ad aggravarsi le tensioni geo politiche; Mosca ha annunciato l’annessione delle regioni dell’Ucraina occupate dall’esercito russo e il gasdotto che trasporta il gas dalla Russia all’Europa è stato gravemente danneggiato, alimentando accuse reciproche tra il Cremlino e i paesi della NATO.

Dal momento che i corsi di borsa riflettono i proventi futuri e scontati delle aziende, l’aumento dei tassi ha portato ad un’importante rettifica di valutazione. A ciò si è aggiunto un contesto di mercato difficile, caratterizzato da inflazione e congiuntura stagnante. Di conseguenza l’indice azionario mondiale MSCI World nel mese di settembre ha subito un ribasso del 9%, sulla stessa scia i principali indici mondiali a partire dagli Stati Uniti con S&P 500 -9.60% e Nasdaq -10.20%. Fanno leggermente meglio l’indice europeo Euro Stoxx 50 -4% e indice svizzero SMI -3.71%. Male anche i mercati asiatici con indice Nikkei in ribasso del 6.20% e Hang Seng 12.10%.

In un contesto di inflazione persistente, rialzi dei tassi, calo delle stime di crescita e forti tensioni finanziarie, il rapporto rischio/rendimento dei mercati appare sfavorevole nel breve periodo. A nostro avviso non si possono escludere rimbalzi a breve termine. Cerchiamo quindi di mitigare i rischi di ribasso a breve termine, mantenendo un’esposizione ai rialzi a medio e lungo termine.