Nel primo mese dell’anno abbiamo assistito ad un ondata di vendite su tutte le piazze borsistiche globali, con cali sostanziali sia per il mercato azionario che quello obbligazionario. Le prospettive di politiche monetarie più restrittive, le incertezze geopolitiche e le valutazioni elevate hanno spinto gli investitori a effettuare prese di profitto su una parte degl’utili registrati nell’ultimo anno. Questa volatilità ha portato il verificarsi di perdite che hanno superato i livelli osservati durante le fasi più difficili della recente storia dei mercati finanziari. Andiamo ad analizzare i motivi di tale nervosismo.

Preoccupazione relativa al rialzo dei tassi d’interesse: solo nel mese di dicembre l’inflazione negli Stati Uniti si è attestata attorno al 7%. La FED, per bocca del suo presidente Jerome Powell, ha segnalato che i tassi potrebbero essere aumentati una prima volta già a marzo 2022 e che in seguito potrebbero esserci ulteriori rialzi durante l’anno (si parla di 4-5 aumenti) e chiudere il QE a partire da marzo. Questa linea potrebbe essere seguita da molte banche centrali mondiali, ad esempio la Banca di Inghilterra che si dice pronta ad un secondo rialzo dei tassi in meno di tre mesi. Contro tendenza invece la Banca Centrale Cinese che ha abbassato i tassi di riferimento con l’esplicito intento di fornire sostegno ad un’economia che sta dando alcuni segnali di rallentamento.

Rischi geopolitici: l’inasprimento delle tensioni tra paesi NATO e Russia non accenna a diminuire con quest’ultima che ha schierato oltre 100’000 soldati sul confine con l’Ucraina. Un’escalation delle tensioni militari nella regione farebbe impennare ulteriormente la volatilità sui mercati.

L’indice azionario mondiale MSCI World ha perso oltre il 5% nel mese dei gennaio. Negli Stati Uniti si registrano perdite dello 5.30% per indice S&P500 e del 9% per Nasdaq. Indice tecnologico Nasdaq penalizzato dalla rotazione settoriale da titoli growth a titoli value a causa appunto della prospettiva sopra descritta di un aumento dei tassi d’interesse e il conseguente peggioramento delle condizioni di finanziamento, situazione che svantaggia principalmente le aziende orientate alla crescita come quelle tecnologiche. Stessa andamento in Europa con indice Euro stoxx 50 in flessione di oltre il 3%. Non rimane esente neppure mercato Svizzero SMI -5%. Continua di per contro ad aumentare il prezzo del petrolio che si asseta a USD 88 contro USD 75 del mese passato.

I problemi elencati all’inizio, assieme alla difficoltà di fornitura delle materie prime e l’aumento dei prezzi dell’energia continueranno ad alimentare l’inflazione, mettendo sotto pressione le banche centrali affinché inaspriscano le loro politiche monetarie. Per questo motivo ci aspettiamo una volatilità persistente sui mercati finanziari almeno ancora per i prossimi mesi.