Le dinamiche di mercato del mese di febbraio sono state segnate da una forte volatilità registrata soprattutto nell’ultima settimana di contrattazione, che ha bruciato buona parte del rendimento mensile. Il tutto a causa dalla prospettiva di una crescita più veloce del previsto dell’inflazione. Questa aspettativa ha aumentato il timore degli investitori che le banche centrali dovranno inasprire prima di quanto preventivato le misure di politica monetaria, il che ha portato un forte sell off sui titoli di stato e l’aumento del rendimento del Tesoro americano a 10 anni. Negli Stati Uniti, dove l’economia è in ripresa, il tasso d’inflazione di breakeven a 5 anni, un tasso indicatore delle aspettative di mercato per l’inflazione, è raddoppiato negl’ultimi 6 mesi. Ciò ha suscitato il timore che la FED potesse ridimensionare il proprio programma di acquisto di obbligazioni. Questa situazione ha fatto ricordare agli operatori finanziari il “Taper Tantrum” del maggio 2013 (con l’allora governatore della FED Ben Bernanke che annunciò che entro la fine dell’anno avrebbe iniziato a tagliare gli stimoli); i rendimenti del Treasury con scadenza più lunga sono saliti facendo salire la curva dei tassi sul periodo 2/10 anni in modo considerevole (a livelli che non si vedevano da metà 2017).
Nonostante una leggera contrazione dei rendimenti, questo episodio serve a ricordare che i rischi legati ad una variazione della politica monetaria persisteranno durante tutto il corso del corrente anno.
Detto questo, non crediamo che un balzo a breve termine dell’inflazione costringerebbe la FED a ridimensionare lo stimolo. L’inflazione negli Stati Uniti non raggiungerà il 2% prima del 2022, per cui il mercato dovrebbe tenere, anche se accompagnato da periodi di volatilità per l’anno corrente.
Come detto inizialmente i titoli azionari hanno avuto un ultima settimana del mese alquanto nervosetta, con i titoli del settore tecnologico e industriale che hanno sofferto di più. Negli Stati Uniti l’indice S&P 500 (+1.47%) ha toccato un nuovo massimo storico verso metà mese, con i titoli value, bancari e petroliferi in prima fila. Male invece il Nasdaq che perde il 1.57%. Rialzo anche l’Europa con l’indice Euro Stoxx che fa registrare un +2.99% con Italia a +5.67% (spinta dall’effetto Draghi). Male indice Svizzero SMI con una performance di -2.03%.
Notizie positive dal fronte COVID-19 con l’approvazione da parte di FDA del vaccino di Johnson & Johnson. La società prevede di fornire 4 mio di dosi nella prima settimana, 20 mio di dosi per la fine di marzo e 100 mio di dosi per la fine di giugno. Notizia molto importante anche perché si tratta dell’unico vaccino su mercato che necessita di una sola dose.
Continua la discesa dell’oro che perde il 6.75% con un prezzo di fine mese di USD 1’734 all’oncia.